Era una regola ferrea e santificata con tutti i crismi, un’usanza reiterata dalla notte dei tempi e portata avanti con fatica ma con fermezza. Non ci si poteva sottrarre e se si provava a sottrarsi erano scapaccioni sonori e punizioni anche corporali. Non si poteva nemmeno domandare il perchè, era così e basta, senza spiegazioni. Sin dai tempi più remoti anche in famiglia tra coniugi si usava dare del “VOI” con soggezione e occhi bassi, senza mai permettersi il “TU” davanti ad estranei. Forse solo nel talamo nuziale poteva scappare qualche espressione formulata con confidenza e con il TU, ma era cosa assai rara. Si doveva sempre dare del “LEI” alle persone che non si conoscevano,al marito in segno di obbedienza e di sottomissione, ma se avveniva il contrario era tollerato. Si dava al Parroco, alle Maestre, al Medico condotto, ai negozianti, ai vicini di casa, al vecchietto che passava per strada e guai a non rivolgersi ad essi con il “LEI misto ad un distacco quasi fisico. Io stessa all’età di sei anni quando inizia la prima elementare ero già istruita dai genitori su come utilizzare il LEI per rivolgermi con sudditanza alla “signora Maestra”. Diveniva molto complicato perche’ in famiglia ci si dava del tu, a parte mio padre che nei confronti di sua suocera (nonna Ione ndr) dava il VOI. A parte mia madre che si rivolgeva anche alle cognate donne con un VOI in dialetto parmense che è tutt’altro che semplice da interpretare e da usare senza sbagliare le coniugazioni dei verbi e i pronomi al posto e al momento giusto. A parte mio padre che dava del VOI ai fratelli più grandi, del LEI al medico, del TU a noi figlie e alla moglie non si capiva bene che cosa desse. Ci si poteva anche permettere il ragionevole dubbio che quel VOI fosse rivolto ad un gruppo di persone e non ad una persona singola. Ad oggi lo risento tuonare nelle orecchie, quel parlare demodè, quel plurale maestatis che non si usa quasi più. Era tutto un VOI di qua e un VOI di là, un LEI continui giorno e notte, e non comprendevo il perchè anche in Confessionale dovevo dare del VOI anche a Gesù. Anche con le vicine di casa mia madre usava il VOI e anche in quell’occasione non comprendevo perchè non il LEI. Diveniva difficile fare l’analisi grammaticale, rischiavo di sbagliare persona con il famigerato “IO TU EGLI ELLA ESSO ESSA NOI VOI ESSI.” Fatto sta che sino a pochissimo tempo fa usavo anche io il più freddo e solenne LEI,con tutti a prescindere. Se conoscevo u nragazzo ad una festina davo subito del LEI, fino a che lui non mi dispensava dal darglielo. Anche per motivi professionali usavo il LEI a direttore e a colleghi molto più anziani di me. Lo usavo pure ai ragazzini che venivano a versare i loro risparmi sul piccolo librettino al portatore, che il nonno gli aperto a Natale. Loro arrossivano e dicevano che potevo dare loro tranquillamente del TU, ma io conscia del ruolo che rivestivo e delle regole impartitemi, non riuscivo. Ho sempre pensato fosse un segno di riguardo e di educazione forte rivolgersi agli estranei con un LEI, un modo per rispettarli e per conferire loro un senso di priorità nella società. Sbagliavo di grosso. Oggi con la mia trasformazione e maturazione sono portata ad usare sempre di più il TU, senza però mai abusare di questa confidenza e mostrando rispetto per la persona alla quale mi rivolgo, anche se questi non è più giovine. Lo vedo in piscina con le mie colleghe tutte molto più grandi di me, gradiscono molto il discorrere senza il VOI che oramai aborrono e senza il LEI, che le farebbe sentire ancora più anziane di quanto non siano già. Mi sembra di entrare più in empatia con loro, anche se il primo saluto è un cauto “Ciao, Buongiorno Maria”. Poi sto attenta a come reagisce l’interlocutore e se anch’esso risponde con il TU, si prosegue con scioltezza la conversazione.
Certo che in passato ne ho preso di scapaccioni da mia mamma, quando sbagliavo sfidandola apposta a dire “ciao”, ad una mamma di una mia compagna di classe! Oggi forse lo si usa in malo modo, cercando di sottrarre dignità anche a chi lavora come ad esempio un cameriere, che sovente viene richiamato con uno schiocco di dita accompagnato da un TU volgare. C’è modo e modo di dare del tu, senza mai mancare di rispetto alla persona che lo riceve, riconoscendole il suo ruolo e la sua dignità di essere umano. Contrariamente ad un tempo, dò del lei in modo molto gelido a chi non mi è simpatico a prima vista. E’ una questione di pelle e di sintonia immediata: se voglio mettere un muro tra me e lui/lei, uso senz’altro il LEI e anche se egli insiste e si fa melenso invitandomi a cambiare linguaggio, uso un LEI più forte. Ma sono eccezioni e casi rari, un simpatico e cordiale TU non lo nego più a nessuno, in fondo mi ci trovo meglio anch’io e mi sembra di ritornare signorina! E voi come vi rivolgete a chi non conoscete?
Sicuramente con il Lei, mi sembra più corretto!
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Con tutti?
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Se non li conosco sì con tutti, magari non con i bambini….
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Grazie Silvia per tua gentile risposta. Un abbraccio
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Ciao Fabiana, abbi una serena serata 😉
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Ma ciao Pif! Che piacere leggerti dopo tanto tempo! Come stai?
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Sono stato 3 mesi via con il camper… sto alla grande … sono rinata 😀 … e tu come stai???
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Bene! Anche se lavoro tanto e ho avuto un’estate molto movimentata. Però
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per noi ci voleva questo distacco da tutto.. e come rinascere … eravamo in buona compagnia con le mucche 😀
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Ciao Fabiana, io abitualmente uso il lei per persone che non conosco, il tu per le mie coetanee .
Un affettuoso abbraccio Franca.
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purtroppo la pessima abitudine che i genitori ‘moderni’ hanno insegnato ai figli è dare del tu a tutti e a tutto. E’ un qualcosa che non sopporto. Quando qualcuno mi da del TU io rispondo sempre con LEI e possono passare anni di vicinanza senza che si modifichi la situazione.
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Questo è verissimo ed è una cosa scandalosa! Per me ci sono voluti anni prima di azzardarmi a partire con un mezzo “TU”. Ma se comprendo da subito che non è gradito modifico immediatamente con il LEI. Con le donne mi riesce più facile comunque 😻😻
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E’ lo stesso percorso delle amicizie. Basta vedere una persona e subito quella è un amico/a
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