Totem. Scuola Materna privata, aperta tutto l’anno a Reggio Emilia.TOTEM.

Attraverso il nostro quotidiano desidero far conoscere a tutti i genitori di Reggio Emilia, l’unica struttura privata,che possediamo per ora che ci garantisce un servizio di accudimento ai nostri bambini tutto l’anno solare. E’ sempre aperto,sino a tarda sera e sabato mattina incluso. Esclusi i giorni di festa “comandata”, abbiamo la tranquillità di non lasciare mai incustoditi i nostri figlioli.Oggigiorno i genitori lavorano tutti e due per quasi tutto l’anno, se togliamo le ferie estive e le feste comandate, se poi si aggiunge l’assenza di nonni e baby sitter, l’ausilio di una scuola materna ben preparata e forte professionalmente è d’obbligo. per questo, mi sento di esprimere gratitudine e felicità per questo Asilo aperto dodici mesi su docici, che permette a noi genitori di lasciare in un luogo sicuro e confortevole i nostri amati piccoli. Ho conosciuto la scuola materna Totem nel gennaio 2006,(mia figlia aveva solo nove mesi di vita), quando dopo aver effettuato i colloqui preliminari con le insegnanti, ho iniziato ad accompagnare la mia bambina per i giorni dell’inserimento scolastico. Ricordiamoci che a Reggio Emilia abbiamo l’onore ed il piacere di possedere gli asili più belli e qualificati del mondo. Questo ci è stato riconosciuto attraverso premi e studi effettuati a livello mondiale: non è cosa da poco!Abbiamo un vero patrimonio nella nostra bella città:altro che parcheggio per i bambini! Gli operatori e le operatrici dell’infanzia di altri Paesi europei e oltreoceano, vengono da noi per lunghi Stages, allo scopo di osservare da vicino ed imparare i nostri metodi all’avanguardia e superiori in fatto di personale qualificato per quanto riguarda l’accudimento, l’istruzione e l’insegnamento ai piccoli. Ringrazio perciò di tutto cuore assieme a mio marito le insegnanti, che seppur giovanissime, con il loro garbo,la loro dolcezza e preparazione tecnica, sanno far trascorrere ore liete ed allegre ai nostri bambini. Insegnando cose meravigliose e innovative, abituano il bambino e lo preparano scolarizzandolo,in vista della Prima Elementare. Ai miei tempi, dove per pochissimi mesi frequentai, l’asilo parrocchiale, gestito da Suore molto severe e rigide, non ci si sognava nemmeno lontanamente di imparare a fare la carta o il sapone. Dalla prima accoglienza mattutina del bambino, prendendolo in braccio e coccolandolo,cioè nel momento più delicato, dove avviene il distacco dal genitore,sino al ritorno a casa, dove si salutano i compagni e la maestra, tutto è studiato e definito nei minimi particolari, senza lasciare nulla alla casualità. La mia gratitudine va a tutto il personale dell’asilo, ed è dettata da quello che sto vivendo giorno per giorno, attraverso le emozioni e le conquiste di mia figlia. All’età di tre anni segue il suo primo corso d’inglese, frequenta la palestra,esce in pullmino per andare in biblioteca o a teatro. Ha imparato ad impastare il pane, a pigiare l’uva con i piedini nudi,va a fare gite fuori porta, scoprendo che cos’è una stalla o un maneggio con i cavalli. Un mondo in miniatura,dove tutto è riconducibile al mondo degli adulti, ma costruito e spiegato a misura di bambino, un mondo felice dove ringraziando il Cielo, non ho mai visto mia figlia piangere e voler tornare a casa da me. Solo in questo modo i nostri Asili danno la possibilità ai genitori di poter svolgere le loro professioni senza preoccupazioni per l’accudimento dei loro figli. Grazie a tutti.

Fabiana Schianchi, Reggio Emilia anno 2008.

Il post delle casalinghe in grembiule: oltrepassate le seimila visite!

Buon martedì mattina a tutti i naviganti della rete! In particolar modo saluti calorosi ai forsennati ed ostinati ricercatori del mio frizzante articolo “CASALINGHE! SOTTO AL GREMBIULE NIENTE..(ALLA FESTA PERO!).  Sono  felice di aver portato un poco di sconquasso negli animi dei personaggi curiosi, che cercano termini fantasmagorici pur di entrare nell’articolo che ha sbaragliato e oltrepassato tutto ciò che d’ altro ho scritto in tanti anni di amore per la scrittura.  Se con il libro sul “Water” temevo di scandalizzare i benpensanti, con i grembiuli ho creato scompiglio,  curiosità e innalzato l’andamento generale delle borse in calo. Borse e borsette, s’intende: sottolineo che non vi sono coinvolti sono i maschi nelle ricerche piccanti di termini ben precisi, ciò fa ben sperare che anche le donne, abbiano alcuni pensieri che non siano rivolti semplicemente all’allattamento dei pargoli o  al riciclo delle mutande del bis nonno. Ciò puntualizzato, non vorrei esser ricordata solo per quell’articolo, ma  constato semplicemente senza scandalizzarmi o fare morali assurde e poco veritiere,  che la curiosità e la bramosia dell’essere umano non ha limiti nè confini. Se dovessi pensare e ben presto lo farò,  di scrivere il proseguo della storia sui gremiulini, pregusto le numerose visite che mi auspico vorrete farmi. Continua a leggere “Il post delle casalinghe in grembiule: oltrepassate le seimila visite!”

La sanità e le notizie dolorose.

Carissimi lettori e compaesani, mi deludono i soliti allarmismi stratosferici amplificati come sempre dai media anche se trattasi di vite umane. Abbiamo messo da parte per un momento i preti pedofili e dove ci dobbiamo scagliare ora? Ora parliamo e sparliamo di malasanità, argomento di fuoco in questi giorni,  delicato e controverso,  si somma ad un mal costume generale che sfocia in una maleducazione amplificata nei confronti di tutti gli operatori sanitari, facendo come sempre di tutte le erbe un fascio. Per ogni povera mamma o bambino che muoiono durante un parto, altrettante vite moltiplicate al quadrato vengono salvate dai nostri medici. A volte e in casi estremi, il medico deve far partorire la donna su di un aereo, sul sedile posteriore di un’automobile oppure, sui gradini di una scala (due anni fa a Milano…ndr) Quanti infarti, ictus, ischemie cerebrali sono stati invece  presi in tempo per la solerzia e la preparazione dei nostri medici e del personale infermieristico? Non amo di certo quei medici o paramedici che si mettono a litigare in sala parto mentre la partoriente ha la pancia aperta per il cesareo, magari con complicanze ed emergenze alle quali, forse nemmeno loro (come un medico ha ammesso al TG1) erano preparati. Sono esseri umani come noi! non sono infallibili e non hanno la bacchetta magica per ogni situazione, pertanto lasciamogli il beneficio di poter (si spera pochissimo)  sbagliare. Non capisco fino in fondo l’accanimento animalesco dei familiari, le denunce, le calunnie a tutta la categoria, così di botto senza nemmeno attendere l’esito delle autopsie sui corpi. Accecati e stravolti dal dolore più che comprensibile, tralasciano di precisare se la madre soffriva di patologie particolari in gravidanza e quindi poteva benissimo esserci la possibilità, che il parto fosse un parto molto a rischio. Non viene evidenziato se ella soffriva di gestosi, diabete, cardiopatie varie, placenta previa o che si stacca durante l’espulsione del feto… Io e la mia famiglia abbiamo  spesso bisogno di medici ed ospedali: li posso solo ringraziare augurandogli di non abbandonare mai la loro indispensabile professione e di non perdere l’entusiasmo e la devozione che mettono nel compiere il loro mestiere. Perché non citiamo anche le opere che fanno a titolo gratuito, in quei Paesi dove a.i.d.s., lebbra, colera, febbri tifoidee, tbc, malaria e quant’altro di più pericoloso e mortale esista, loro in religioso silenzio aiutano questi ammalati rifiutati da tutti. Si occupano di loro, li toccano, li abbracciano, li baciano e li curano, esponendosi al rischio del contagio, ma non per questo si sottraggono al loro dovere e alla loro missione: cercare di guarirli con tutto il sapere che possiedono e l’amore per la vita. Provano a salvarli, tentano di vincere queste malattie non sempre riuscendosi, ma almeno tentano, per fortuna spesse volte e per migliaia di vite la guarigione arriva. Noi abitiamo a Reggio Emilia, a due passi da un Ospedale attrezzatissimo in ogni reparto, lasciamo stare le cattiverie gratuite e lasciamoli lavorare, pregandoli solo di tenere i loro problemi fuori dalle sale operatorie: incitiamo invece altri giovani ad intraprendere la difficile strada del medico chirurgo.

Risposta del dottor Andrea Fiori.

Sulle cattiverie gratuite c’è poco da dire. Sul compito della stampa, qualcosa sì. Il mestiere dell’informazione non è tacere le cose, è raccontarle: le belle e le brutte. Possibilmente con rispetto , senza tirare conclusioni affrettate, senza dare patenti.

A scuola basta griffes: ridateci i grembiulini.

Lunedì diciannove settembre duemilaundici, primo giorno di scuola per mia figlia remigina e per moltissimi suoi colleghi di Canali e dintorni. Primo disguido da affrontare: davanti alla Scuola Tassoni adiacente la Scuola Materna Freire, il mini parcheggio è saturo di auto, parcheggiate come consuetudine maleducata e incivile, anche negli appositi spazi per le persone diversamente abili. Si sentono gli  sguaiati concerti dei clacson, misti alle voci alterate dei genitori, che l’ un l’altro si scambiano occhiatacce e si lanciando improperi attraverso i vetri dell’abitacolo. Il buongiorno si vede dal mattino e diamo subito tutti quanti, il buon esempio ai figlioli. Finalmentei bidelli  aprono il portone principale, ed inizia la sfilata: prima le bambine “sculettanti” con abitini e calzature da vere modelle professioniste, quasi si recassero alle qualificazioni per Miss Italia. A seguire,  parata  dei maschietti, con i loro jeans firmati, gli zaini lucenti e costosi, le camicine bianche con stemmi e loghi sul taschino, sopra i gilet all’inglese, i capelli ben impomatati come veri Fonzie da competizione! In questo modo, con eleganza e firme ovunque entrano nel mondo della scuola i nostri figli;  noi genitori increduli tratteniamo la lacrima di rito e osserviamo di soppiatto chi indossava l’abito più grazioso e le scarpette di vernice nera. Buttiamo l’occhio sui banchi, che odorano di scuola e di pastelli, controllando se il diario dell’amichetta di nostra figlia è più appariscente e notiamo  com stupore, che qualcuna di loro ha addiritturra un poco di ombretto sopra gli occhi… Ad attenderci sorridenti  e armate di pazienza le Maestre con un cestino di vimini colmo di leccornie per i nuovi alunni. In tutto questo carosello di colori, mancava un componente essenziale: il grembiulino bianco o nero, azzurro o rosa, con il fiocco o senza, ben stirato ed inamidato, completato dalla stanghetta cucita sulla spalla, per indicare quale classe il bambino frequenta. Continua a leggere “A scuola basta griffes: ridateci i grembiulini.”

Strade dissestate: troppe buche mi spaccano la schiena.

Da molti anni soffro di patologie importanti legate alla schiena e al collo e ogni qualvolta, sono costretta a  percorrere in automobile o in autobus, anche brevi tragitti, questi disturbi si accentuano molto. Non essendo l’unica persona a convivere dolorosamente con queste patologie molto limitative nel quotidiano, ho deciso di scrivere al nostro beneamato giornale, segnalando in modo chiaro ed esaustivo la condizione ben nota delle nostre strade, trascurate e dissestate in troppi punti. Questi segni di trascuratezza, sono sotto gli occhi e sotto alla schiena di tutti noi cittadini, che subiamo in silenzio le conseguenze che derivano dal semplice circolare. Dopo aver percorso in auto pochissimi chilometri, mi sopraggiungono nausea, vomito, vertigini e senso di svenimento, dovuti al continuo ballare tra buche profonde, pozzetti d’ ispezione non livellati, asfalto no nliscio e conforme, dossi troppo alti e non omogenei, strade con le pezze cucite da “sarti”troppo in fretta. Per non parlare delle rotonde costruite in abbondanza, dentro le quali la mia testa gira come su di una giostra: ne troviamo ad ogni angolo delle città e delle periferie, sono in crescente aumento, utilissime per sveltire il traffico non si discute, ma costruite anche per ottenere sovvenzioni, utili non sol oa questi otto volante.  Vi chiedo a mio nome e a nome di altri ammalati  di rivalutare l’ idea se togliere la tassa inutile sui passi carrai, non possiamo volare con la scopa dentro casa nostra o nei nostri cortili, dobbiamo entrarci a piedi, ripensate se non sia il caso di affidare la raccolta porta a porta a un numero limitato di addetti magari usando una squadra che ogni giorno, ci tolga quei maleodoranti pattumi, illuminiamo di meno quei magnifici ponti di Calatrava,  cerchiamo idee e soluzioni per risparmiare laddove si può.  Adoperatevi in fretta per dare una vera riasfaltata come si conviene alle strade, che tutti noi e voi dobbiamo percorrere ogni giorno più volte. Abbiamo anche pensato di andare a piedi, se  il tragitto è limitato, oppure in bicicletta, ma con le troppe voragini, non solo si rompono le ruote ma le ernie al disco, sollecitate a dismisura gridano dolore e promettono vendetta! Da qui in poi, la serie di certificati per assenza dal lavoro si potrebbe allungare: non ce ne voglia Brunetta, ma si armi anche lui di santa pazienza ed inizi ad asfaltare nei giorni di festa. Non può che giovargli alla linea: aspetto pareri concreti. Grazie.

Fabiana Schianchi Ugoletti.

I biscotti dell’amicizia, meglio conosciuti come frollini.

Complice la neve ed il freddo che sta arrivando giustamente data la stagione, vorrei proseguire con la seconda semplice ricetta dedicata ai dolci. Sorseggio molti the e caffè d’orzo in queste invernali giornate e vi confesso, che mi piace intingervi i miei biscotti, non guardando assolutamente alle calorie, ma solo al calore che mi trasmettono. A volte mi prende la malinconia, come penso a tanti di voi, a volte non ci sono due braccia forti ad abbracciarmi perché queste braccia sono troppo stanche ed impegnate. Spesso sola in casa soprattutto al mattino, durante la mia sacrosanta pausa caffè o the, o orzo, qualche buon biscotto preparato in modo semplice e genuino, lo sgranocchio volentieri e non ha mai rovinato la silhouette di nessuno! Tutto sta nella misura, come in ogni azione che si compie, non bisogna mangiarne un chilogrammo intero, altrimenti…ci ritroviamo sole ed obese. Non è il caso dato l’ elevato numero di malattie cardiovascolari e ipertensioni dovute ad abitudini alimentari errate o troppo ricche in zuccheri e grassi. Dunque biscotti sì, ma con criterio!

Ingredienti:

250 gr.di farina doppio zero (senza agenti lievitanti dentro)

150 gr. di burro

130 gr di zucchero bianco oppure metà grezzo e metà bianco

2 tuorli d’uovo (tre, se i tuorli sono molto piccoli)

zucchero a velo per la presentazione.

Su un tagliere di legno mettete la farina e lasciate un buco grosso al centro. Riempire il buco con: i tuorli, (senza albumi!) lo zucchero, il burro lasciato precedentemente ammorbidire vicino ad una fonte di calore. Attenzione! Non ho detto sciogliere (come fa qualche mia amica), ammorbidirlo in modo da poterlo lavorare bene con le mani. Mescolate energicamente e abbastanza in fretta, quando il composto risulterà cremoso, è l’ora di aggiungere la farina setacciata con il famoso colino di ferro. C’è chi aggiunge anche un pizzico di sale nei dolci tutti come regola base: io no….Quando il vostro impasto lo sentite tra le mani omogeneo, privo di grumi e liscio avvolgetelo nella pellicola trasparente e ponetelo in frigorifero nella parte alta, per almeno 30/40 minuti. Trascorso questo tempo, utile a far sì che l’impasto prenda consistenza e non si sbricioli mentre date la forma ai biscotti, tagliatene metà e l’ altra parte lasciatela ancora in frigorifero. Infarinate un poco il tagliere, spianate l’impasto con il mattarello ( o cannella!) sino ad ottenere un’altezza di circa un centimetro. Usate delicatezza nei movimenti, l’impasto, molto somigliante ad una pasta frolla è delicato e tende a rompersi. Ora potete sbizzarrirvi a ritagliare le forme dei biscotti: se ne trovano nei supermercati delle strane e bizzarre! A me personalmente piacciono le forme natalizie, anche se non è più Natale, ma ci sono anche le formine Pasquali (grembiuli inclusi) e altre delizie!! Volendo fare dei “frolloni” usate le forme più larghe, in alternativa, soprattutto se dovete regalarmi, usate le formine piccole, sono più delicate e si presentano meglio.

In precedenza avrete già per riscaldato il vostro forno a 150/160 gradi, una volta terminate le formine, ponetele (adagio) su una piastra da forno avvolta nella carta da forno, in modo tale che non dovete usare altro burro per ungere la piastra.

Quando appoggiate le forme sulla piastra, abbiate cura di tenerle distanziate tra loro di mezzo centimetro: in cottura si gonfiano e si allargano, ragion per cui, se li appoggiate molto vicini si attaccano e nel toglierli, si potrebbero rompere. Il tempo di cottura è fondamentale peri biscotti: io vi dico circa 15/20/25 minuti, ma ripeto varia dal tipo di forno….L’unico accorgimento in questo caso è aprire il forno, (si può fare) guardare se sono dorati bene e non marroncini. Vi lascio aprire il forno dopo almeno 15 minuti, perchè non abbiamo messo lievito o non stiamo facendo torte…

Una volta appurato che sono ben dorati, intendo un colore giallo scuro, li possiamo per scrupolo anche girare dalla parte opposta e verificarne il colore. A cottura ultimata, estraeteli dal forno, lasciateli raffreddare e spolverizzateli con poco zucchero a velo.

Se volete una variante gustosa aggiungete all’impasto circa 50/60 di mandorle pelate, tritate abbastanza fini (non a poltiglia…) nel robot. Consiglio la prima volta comunque di farli senza varianti al fine di prenderci “la mano”.

Si conservano benissimo in un vaso di vetro ben chiuso anche per ¾ giorni…..ma a casa mia, non durano più di un giorno: e a casa vostra?

Canali, 17 Gennaio 2013.

Raccolta porta a porta: che succederà in estate?

 Leggendo un articolo sull’oramai spinosa e “puzzolente” questione della raccolta differenziata, non riesco a non riesprimere, quello che scrissi alcuni mesi fa, all’inizio di questa prova della quale la mia, ed un’altra erano le Circoscrizioni pilota.Penso che questo strumento, che potrebbe in futuro rivelarsi molto utile, non sia per niente efficiente,dal punto di vista gienico/sanitario. Noto con rammarico,uno svolgimento non corretto da parte degli addetti ENIA, nel raccogliere i bidoni ed i sacchetti che ci hanno consegnato. Concordo in pieno con il lettore/ice che non si firma, nel dover ammettere con tristezza, che l’idea poteva anche essere ottima, ma non viene né rispettata dai cittadini(che stanchi se ne vanno a svuotare i loro pattumi in altre circoscrizioni),né dagli operatori ecologici, che hanno un compito a dir poco sgradevole. Mi spiego meglio: ringrazio a prescindere dalla lettera, coloro che devono per forza di cose mettere le mani nei rifiuti più orripilanti e puzzolenti,ma disapprovo in pieno coloro che non raccolgono i residui che trovano sparsi, perché usciti dai sacchetti. Molte volte nella notte, animali di ogni tipo con le loro unghie e i denti, aprono i sacchi di plastica, spargendone il contenuto. Come disastrosa conseguenza vediamo topi, ratti, nutrie che troviamo solo nei torrenti, donnole, cani randagi, gatti non a norma che fanno i loro “bisogni” liquidi e solidi davanti ai nostri cancelli di casa. Si divertono a giocare e a spargere ciò di cui sopra, dando modo così, anche ai nostri bambini di giocare con queste palline, mettendole a volte, in bocca. Lascio a voi intelligenti amici e genitori,supporre quali e quante malattie pericolose, gli animali potrebbero diffondere. Credo stia al buon senso di tutti noi, rivedere e reimpostare meglio questa “benedetta raccolta difficoltosa”,per evitare spiacevoli conseguenze sanitarie. Non oso pensare, quando tra pochi giorni, con i primi veri caldi, gli olezzi derivanti dai bidoni si spargeranno nelle nostre abitazioni e nei nostri quartieri. Temendo che il peggio debba ancora arrivare, mi affido al buon senso dei lettori e degli Enti preposti per risolvere in modo civile e profumato, questa ben pensata, ma organizzata male idea del Comune di Reggio Emilia.

Fabiana Schianchi. (lettrice delusa ed amareggiata).

 Risposta del dottor Davide Nitrosi (capocronista resto del carlino, reggio emilia ndr).

La morale la riassume lei stessa, cara lettrice.Il progetto può essere positivo(differenziando al massimo i rifiuti si riduce la parte da distruggere con tecnologie più inquinanti); ma occorre organizzare meglio la raccolta porta a porta. Magari ascoltando i preziosi consigli che partono dai cittadini come Lei.

A Fabiana.

Tu, donna inutile

fatta di eterna sofferenza,

esito di mille e mille errori,

traguardo di ripetuti sbagli,

scialuppa sempre alla deriva.

Tu, anima buona e gentile

cuore grande come il mare

occhi ancora ingenui.

Apri la tua mente solo un poco

e respira l’alito di vita,

che ancora ti appartiene

senza permettere a nessuno

di respirarlo al tuo posto.

Yara, un dolore che strazia le mamme.

Mi unisco al devastante dolore dei genitori, delle giovanissime vittime delle quali si parla in questi giorni. Per scelta, non ricordo ai miei compaesani il loro nome e cognome, località, modalità dell’uccisione: sono dati che conosciamo fin troppo bene. Cerco anche di dimenticarmi come sono stati tolti alla vita, in che modo disumano ed illogico hanno dovuto rinunciare a vedere una nuova primavera, che timidamente si affaccia all’orizzonte. Io come tanti di voi, mi accomuno con la mente e con i sensi a ciò che una madre può provare, quando viene privata di un pezzo della propria carne, un pezzo di sé stessa che aveva fortemente desiderato. Un’entità portata in grembo, custodita, coccolata, amata come solo una mamma può fare. Soffro, piango, mi dispero, scalpito, ragiono, cerco di immedesimarmi, voglio capire il perché di tutte queste brutalità,ma nemmeno lontanamente posso permettermi di comprendere gli stati d’animo e la disperazione che forse, mai più andrà via. Dolci mamme, vi penso e prego per voi, voi mammime come me, straziate da questo insopportabile dolore, prego perché ci possa essere per voi ancora un sorriso, che vi permetta di andare avanti, di non lasciarvi andare: i vostri figli non ve lo permetterebbero! Non chiedetevi i motivi, nulla può giustificare quanto vi è accaduto, stringetevi forte ai vostri cari, abbracciateli, chiedete aiuto, urlate se necessario, ma non lasciatevi andare. Non permettete che quei mostri cattivi ed ammalati l’abbiamo vinta anche su voi stesse: godrebbero ancora di più, nel vedervi ridotte ad un mucchietto di polvere. Andate ad ascoltare nel profondo del vostro intimo, quella vocina che vi sta chiamando, che vi chiede di accarezzarla e di starle ancora e per sempre vicino: è vostro figlio/a, che in qualche modo è e sarà sempre presente dentro di voi. Un’ultima raccomandazione ai media: in questi casi, invece che amplificare le notizie regalandoci con dovizia e meticolosità, particolari a dir poco agghiaccianti, create tra di voi la giornata della “non notizia”o del “non telegiornale”. Non parlatene assolutamente, ma state in rispettoso silenzio per le famiglie e per coloro che non ci sono più. Lo share e l’audience fateli con altri programmi, non con le morti di innocenti creature, piccole ed indifese.

Risposta del dottor Davide Nitrosi.

Solo una mamma può raccontare con tanta empatia una vicenda così tragica. La leggiamo e la ascoltiamo, gentile signora. E riflettiamo sul suo appello ai mass media.

Ciambella all’antica o “busilan”.

Inauguro oggi pomeriggio questo nuovo LINK,  che intitolerò  “ Le antiche Ricette di Gattolona Pasticciona”, sperando di farvi cosa gradita. Vorrei partire con un dolce molto semplice e genuino, forse conosciuto da tutti/e, ma non per questo meno importante, così rompiamo il ghiaccio e iniziamo la raccolta delle ricette,  in semplicità e morbidezza. Semplicità e morbidezza saranno gli ingredienti base che mi accompagneranno per tutto  il nuovo Anno 2013, così come vorrei fosse per Voi tutti.  Vi propongo dunque, un dolce classico, da compagnia, come l’ho ribattezzato io!  Lo trovo adatto per le colazioni in autunno o in inverno, quando ancora fuori casa è buio e non ci si vorrebbe mai alzare dal lettuccio caldo, si può gustare chiacchierando del più e del meno con i nostri cari, si sposa bene con un Passito di Pantelleria o un Vin Santo. Durante le festività Natalizie l’ho preparato spesso, per persone anziane che strano a dirsi ma vero, tribolano molto a masticare. Me lo hanno chiesto ed io con affetto glielo ho cucinato; so che lo hanno “pocciato” nella Malvasia secca o dolce o addirittura nel latte caldo, la sera come cena. La servo spesso nelle merende pomeridiane o nell’intervallo di metà mattina:con the, caffè d’orzo, caffè espresso, cappuccino, oppure ancora più semplicemente, lo gusta mia figlia minore. a qualsiasi ora della giornata! Io la preparo così come andrete di seguito a leggere, sono molto abitudinaria e non vario mai gli ingredienti: uso un metodo che ho appreso negli anni, facendo vari tentativi: questo è quello che soddisfa maggiormente anche i palati più esigenti e finalmente ora la mia ciambella esce con il buco in mezzo! La classica ciambella potrebbe a prima vista apparire un dolce povero e di poche pretese, tutt’altro! Se eseguita in fretta o in modo approssimativo,  risulterà  asciutta, non friabile o soffice e per usare un termine reggiano, “legherà in bocca”, come si dice dei cachi acerbi. Ho reso l’idea? Mettetevi quel famoso grembiule osè e andiamo ad incominciare!

Ingredienti:

200 gr. farina Spadoni per dolci (non un’altra farina qualsiasi)

200 gr. di frumina (è molto più leggera della fecola di patate)

3 uova di media grandezza

140 gr burro

¾ di una bustina di lievito per dolci

la scorza grattuggiata di un grosso limone lavato  non trattato

½ bicchiere di sassolino

2 bustine di vanillina

200 gr zucchero bianco

latte scremato q.b.

4 cucchiai da minestra di yogurt intero bianco.

Procedimento:

Per prima cosa accendi il forno a 160 gradi, così si scalda bene.Fai sciogliere vicino ad una fonte di calore il burro, intanto setaccia con un colino farina, frumina, lievito e vanillina ed uniscile insieme.Nel robot (che io uso quasi sempre, per amalgamare alla perfezione gli ingredienti di molte pietanze dolci o salate, così non corro il rischio di avere grumi) unisci il burro sciolto allo zucchero, azionalo sino ad ottenere una spuma omogenea e liscia, aggiungi uno alla volta i 3 tuorli, continua a amalgamare per altri tre/quattro minuti circa.  Poi aggiungi un cucchiaio per volta di farina setacciata con frumina, lievito, vanillina e la scorza del limone grattugiata. Aggiungi i 4 cucchiai di yogurt bianco, che potrai sostituire con panna da cucina light, se sei sprovvista di yogurt. Se noti  che l’impasto nel robot, non gira bene e fa fatica, aggiungi poco per volta il latte a filo. Il composto che otterrai non deve essere troppo liquido, per ultimo monta gli albumi a neve ed aggiungili con il mezzo bicchiere di sassolino.Continua a girare il robot ancora un pochino, poi versa il tutto in una tortiera per ciambelle, già imburrata ed infarinata. A questo punto metti la tua ciambella nel forno caldo per circa 45 minuti, nella parte mezzana del forno, che si suppone sia elettrico.NON APRIRE il forno nei primi 30/35 minuti, altrimenti la ciambella perde in altezza. e nella lievitatura. Una volta tolta dal forno, che potrai aprire SOLO negli ultimi minuti, per verificarne la doratura, il profumo e l’altezza, la puoi estrarre. Quando si è raffreddata spolverizzala con zucchero a velo e toglila dallo stampo a cerniera. Come variante, puoi aggiungere le gocce di cioccolato, ma non più di cinquanta grammi, altrimenti la ciambella “impazza” e diventa pesante.

Avvertenze basilari:

Quando si montano gli albumi a neve non deve entrare nel recipiente di plastica molto alto, nessuna traccia del tuorlo d’uovo, pena la non montatura perfetta e soda a neve; anche se dovesse entrare un poco di acqua o altro alimento, stai sicura che gli albumi non monteranno, lo dico per esperienza!

Ricordati di non aprire mai il forno nei primi 30 minuti, altrimenti le torte dolci non ti lieviteranno ma rimarranno basse, pesanti da digerire e di pessima presentazione per gli ospiti. Prendi una pila e controlla dal vetro, pian pianino con l’esperienza ci si rende conto dall’altezza della torta se è cotta.

Io personalmente, vi confesso che capisco dal profumo che si sparge per la casa se il dolce è ben cotto oppure no!! E non vi racconto sciocchezze, ma se fate una torta per la prima volta, controllate con il timer e con la pila.

A volte i libri di cucina, dettano dei tempi che non sono veritieri: non tengono conto che il tempo di cottura dipende da diversi fattori: clima della giornata, tipo di forno, le farine, l’altezza della grata dove viene collocato il dolce, il materiale delle teglie.

Per le torte in generale, non si usa mai il programma ventilato ma i gradi classici: in caso diverso sarà mia premura segnalarvelo.

A questo punto, provate la ricetta e buon Busilan a tutti Voi! Se avete suggerimenti diversi o piccole astuzie da suggerirmi, sono qua con voi e li aspetto con gioia! Bacioni, da Gattolona Pasticciona.

Canali, 9 Gennaio 2013.

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